Pubblicato in due edizioni, 2017 e 2018, il romanzo “La Diva Simonetta – la sans par”, Aiep Editore, trova il riscontro della critica e dei lettori imponendosi nel panorama letterario italiano come opera raffinata e profonda, fortemente legata alla realtà dei fatti come ci sono stati tramandati da artisti, storici e letterati del tempo.

Lo scenario è la Firenze rinascimentale della seconda metà del ‘400, un’epoca storica singolare per la ricchezza culturale e l’effervescenza politica che connotano la fioritura dei Comuni e delle Signorie. L’esuberanza artistica della società del tempo fa da coronamento a una storia vera, celata nei documenti del periodo seppelliti in biblioteche e velata nelle opere d’arte del Botticelli, del Ghirlandaio, di Benozzo Gozzoli e altri maestri.

È la storia di una giovane donna, Simonetta Cattaneo Vespucci, morta prematuramente all’età di ventitré anni nel 1476, decantata in vita per la sua bellezza e celebrata per la gentilezza d’animo. Simonetta è al centro della società fiorentina del tempo, amata da Giuliano e da Lorenzo de’ Medici, ma anche da altri personaggi come Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e dallo stesso Botticelli.

La figura del maestro emerge nitida nel romanzo, che delinea la personalità poliedrica e frizzante dell’artista, di cui Simonetta è musa ispiratrice, al punto che il pittore esprimerà il desiderio di essere sepolto ai suoi piedi alla sua morte.

La “Nascita di Venere” è uno dei soggetti più famosi di Botticelli, che il pittore ha riprodotto in vari formati e contesti. Ce ne parla lo storico Giorgio Vasari nelle sue Vite, secondo cui il pittore fiorentino: «Per la città in diverse case fece tondi di sua mano, e femmine ignude assai, delle quali oggi ancora a Castello, villa del duca Cosimo, sono due quadri figurati l’uno Venere che nasce, e quelle aure e venti che la fanno venire in terra con gli Amori…» (Vite, Volume 3).

Di tutte le opere che raffigurano la Venere, attribuibili a Botticelli e alla sua bottega, sono giunte fino a noi: la Venere della Galleria Sabauda di Torino; quella conservata presso la Gamäldegalerie di Berlino; un dipinto appartenente a una collezione privata a Ginevra; la più famosa “Nascita di Venere” custodita alla Galleria degli Uffizi.

In queste opere ciò che salta all’occhio è sicuramente la bellezza, la soavità e la dolcezza della donna, ma anche il suo sorriso lieve, velato da una sottile nota di tristezza. Questo elemento ha colpito molto la mia curiosità e mi ha convinta a ricercare nei testi storici gli accadimenti legati alla vita di Simonetta Cattaneo.

Dagli studi condotti a Firenze è emerso un quadro stravolgente, dove ogni tessera del mosaico ha delineato la vera storia della ragazza che ho voluto narrare nel romanzo, immergendo il lettore nella Firenze del tempo, con attenzione ai costumi, alle usanze, agli eventi.

Nell’opera di ricerca sono stata aiutata molto dalla copiosa produzione letteraria che narra di questa donna; così ho deciso di introdurre ogni capitolo con dei passi letterari o documentari che, in qualche modo, svelano dettagli in merito a Simonetta. Il panorama che ne è venuto fuori è strabiliante e ci mostra la realtà della Firenze rinascimentale dell’epoca di Lorenzo il Magnifico, costellata da personaggi illustri che sono poi passati alla storia come grandi artisti e filosofi.

L’opera letteraria di maggiore interesse è “Le stanze per la Giostra” di Agnolo Poliziano, un poemetto in ottave composta per celebrare la vittoria riportata da Giuliano de’ Medici in un torneo tenutosi il 29 gennaio 1475 a Firenze, nella piazza di Santa Croce; il torneo era stato organizzato da Lorenzo il Magnifico, fratello di Giuliano, a sugellare l’accordo di pace tra le potenze italiane stretto nel 1474 grazie all’azione del Magnifico. Il poemetto, la cui realizzazione iniziò nello stesso anno 1475, fu interrotto, con tutta probabilità, a causa della morte di Giuliano e del ferimento di Lorenzo nella sollevazione seguita alla congiura dei Pazzi, il 26 aprile 1478.

E proprio l’avvenenza della giovane ne costituirà anche motivo di sventura, in quanto la renderà preda della malvagità e della cupidigia umana. Alla sua morte Simonetta diventerà un’icona di bellezza e di grazia, tanto da essere resa eterna in opere pittoriche e letterarie di svariati cantori dell’animo umano. Per tutti sarà la sans par.

Simonetta Cattaneo e Sandro Botticelli sono sepolti entrambi nella Chiesa di Ognissanti a Firenze. Della tomba di Simonetta attualmente non c’è traccia. Pare comunque che sia seppellita nella Cappella del Presepe, ora cappella del Saio di San Francesco dove fu conservato il saio che il santo indossava quando ricevette le stimmate alla Verna, e lì resta un’acquasantiera. Botticelli chiese espressamente di essere sepolto ai piedi di Simonetta e la sua tomba è ben visibile nel pavimento.

Il segreto che cela tale figura, talmente apprezzata da milioni e milioni di visitatori da venire sublimata in immagini composite come simbolo di bellezza universale, sta sicuramente nella grazia, la dolcezza dei lineamenti, il collegamento operato nelle opere d’arte tra l’armonia esteriore della donna e la gradevolezza delle stagioni estive e primaverili. Eppure l’arcano di tale spiritualizzazione è da ricercare anche nelle origini dei dipinti che la raffigurano, legate al successo politico della famiglia dei Medici di Firenze.

In quell’epoca mai una nobildonna sarebbe stata ritratta completamente nuda, senza alcun velo che ne coprisse l’intimità. L’espediente artistico non fa altro che idealizzare la donna stessa, innalzandola a un livello di simbolo etereo di bellezza ideale senza tempo ed è stato possibile in quanto realizzato posteriormente alla sua morte.

La storia di Simonetta è quella di una persona reale, fatta di gioie e sofferenze, travolta da accadimenti terribili che la conducono a morire giovanissima. Botticelli non si arrenderà mai alla dipartita prematura della sua musa, la seguirà nei suoi sogni, ne concretizzerà l’immagine nei dipinti, realizzati quasi tutti dopo la scomparsa della ragazza, rendendola musa immortale di bellezza per l’umanità.

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