Domenica 2 aprile 2023 si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, finalizzata a promuovere la ricerca e la diagnosi, contrastando la discriminazione e l’isolamento di cui sono vittime le persone autistiche e le loro famiglie.

L’evento previsto a Siracusa vede gli studenti dell’Istituto Gagini protagonisti, con un laboratorio che li coinvolge a fianco di ragazzi autistici, in continuità con il progetto TraMe che per molti anni è stato svolto proprio all’interno della scuola, favorendo percorsi di inclusione dove i ragazzi autistici sono stati affiancati dagli studenti che non hanno le loro difficoltà, in un percorso virtuoso che promuove la crescita di tutti i soggetti grazie all’interscambio.

L’inclusione deve essere l’occasione per la comunità educante di sviluppo attraverso la presa in carico delle difficoltà degli altri, ponendosi in un atteggiamento di completa accettazione della diversità. L’inclusione, così come viene operata all’interno della scuola italiana, costituisce un arricchimento della comunità, in quanto il giovane apre la mente verso l’accettazione dell’altro anche se diverso da sé, acquisendo la consapevolezza che ogni individuo può trovare il giusto posto all’interno della società.

In occasione di questa giornata vi propongo la lettura di un brano tratto da un mio racconto sull’autismo, pubblicato nella raccolta “Mosche contro vetro” Morellini editore. E’ la storia vera di Jacob Barnett, un ragazzo dalle doti fuori dal comune con la sindrome di Asperger.

Indianapolis, 26 maggio 2013

Oggi compio quindici anni e ne ho fatta di strada, tanta.

Avevano detto che non avrei parlato, che sarei rimasto isolato nel mio mondo, non riuscendo neanche ad allacciarmi le scarpe. Qualcosa di tutto ciò è vero, perché non riesco ad allacciarmi le scarpe, sono impacciato, non so giocare a tennis o altre cose di questo genere. Ogni giorno devo lottare contro la mia disabilità che mi fa vagare con la mente freneticamente, passando da un pensiero a un altro in modo repentino, tanto da perdere il filo e da non essere seguito dagli altri nei miei discorsi.

All’età di dieci anni sono stato ammesso all’Università dell’Indiana e a tredici ho pubblicato il mio primo articolo scientifico, fornendo contributi originali alla fisica della materia condensata sulla rivista Physical Review. Forse sarò accettato presso il Perimeter Institute for Theoretical Physics di Waterloo in Ontario, ma la cosa che ancora non ho rivelato a nessuno è che sto elaborando una teoria della relatività, alternativa a quella di Einstein.

Forte vero? Eppure ci sono cose, in apparenza molto semplici, che per me rappresentano delle barriere insormontabili. Quello che si deve comprendere è che non tutti gli individui sono uguali e che la soglia di “normalità” non è così netta come si pensa.

L’autismo, di cui sono affetto, mi causa dei problemi di insofferenza, a volte di forte ansia che mi spinge ad alzarmi, a fuggire, a isolarmi lontano da situazioni che mi danno fastidio, insopportabili. Non mi piace stare insieme alla gente, odio i rumori forti, gli ambienti caotici, la confusione. Tutto dovrebbe seguire il mio ordine interiore, gli schemi nei quali mi sento rassicurato, le abitudini acquisite. Mi piace stare dentro spazi che conosco, per questo cerco di capire ogni cosa, in modo da non trovarmi disorientato, da non perdermi nel buio dell’incertezza. Più riesco ad ampliare i miei orizzonti e più mi sento forte, consapevole.

Io potrei affermare che la “normalità” si misura con la capacità di risolvere velocemente un problema di trigonometria. Per me è normale capire un’equazione in pochi secondi, ma sappiamo tutti che questo non è un parametro che può essere applicato in modo generale al resto dell’umanità.

Allora tutto dipende dal punto di vista.